Autorizzati a pensare
Dal Discorso dell’Arcivescovo alla Città alla vigilia di sant’Ambrogio (6 dicembre 2018):
L’esercizio di una lettura realistica di questo tempo può individuare alcune priorità che, per quello che mi risulta, sono già condivise. In una considerazione pensosa delle prospettive del nostro tempo si dovrà evitare di ridurci a cercare un capro espiatorio: talora, per esempio, il fenomeno delle migrazioni e la presenza di migranti, rifugiati, profughi invadono discorsi e fatti di cronaca, fino a dare l’impressione che siano l’unico problema urgente. Si devono nominare tra le problematiche emergenti e inevitabili: 1) la crisi demografica che sembra condannare la popolazione italiana a un inesorabile e insostenibile invecchiamento; 2) la povertà di prospettive per i giovani che scoraggia progetti di futuro e induce molti a trasgressioni pericolose e a penose dipendenze; 3) le difficoltà occupazionali nell’età adulta e nell’età giovanile e le problematiche del lavoro; 4) la solitudine il più delle volte disabitata degli anziani.
Queste problematiche sono complesse e non si può ingenuamente presumere di trovare soluzioni facili e rapide. Ma certo la complessità non può convincere a rassegnarsi alla diagnosi e all’elenco dei fattori di disagio. Autorizzati a pensare, possiamo esplicitare i percorsi che riteniamo promettenti e mettere in atto processi concreti, lungimiranti, da attuare con determinazione. Personalmente invito coloro che hanno responsabilità nella società civile ad affrontare con coraggio le sfide, nella persuasione che questo territorio ha le risorse umane e materiali per vincerle. E nella mia responsabilità di vescovo di questa Chiesa confermo che le nostre comunità sono pronte, ci stanno, sono già all’opera.
Io credo che sia onesto riconoscere che le problematiche nominate e anche altre connesse suggeriscono che la famiglia è la risorsa determinante, è la cellula vivente: può infatti tenere insieme le età della vita, la cura per il futuro, la pratica della solidarietà, la prossimità alle fragilità e rendere la città un luogo in cui sia desiderabile vivere, lavorare, studiare, diventare grandi, essere curati e assistiti. La famiglia è – a mio parere – il fattore decisivo. Certo la famiglia non da sola: pertanto mi sembra opportuno invitare le istituzioni e impegnare la Chiesa diocesana a convergere nel propiziare le condizioni perché si possano formare famiglie e queste siano aiutate a essere stabili, a vivere i loro desideri, a praticare le loro responsabilità.
Per questo immagino che i protagonisti pensosi della vita della città condividano il proposito di prendersi cura del legame sociale, di nutrire e rafforzare le identità dei nostri territori (perché sappiano generare ancora energie per processi di aggregazione e di inclusione che contrastino l’isolamento e la solitudine e che sono tipiche della nostra cultura), di rilanciare la generosità pubblica e privata, perché si torni a percepire come un segno di maturità e di intelligenza civica investire risorse anche economiche per far fronte alle povertà che bussano alle nostre porte. La comunità cristiana, nelle sue articolazioni territoriali e nella sua organizzazione centrale, desidera abitare la città per offrire il suo contributo e collaborare con tutte le istituzioni presenti nel comprendere il territorio, nell’interpretare il tempo, nel promuovere quell’ecologia globale che rende abitabile la terra per questa e per le future generazioni.
+ Mario Delpini
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