Il nostro presepe…
Cari parrocchiani,
questo è il presepe che quest’anno è stato fatto nella nostra parrocchia; purtroppo, pochi giorni prima di capodanno qualcuno ha rubato la barca che conteneva la Sacra Famiglia. Dopo questo accadimento, vi invitiamo a leggere questa breve riflessione.
Un presepe, quando è realizzato in chiesa, non è solo un’espressione di una tradizione cristianamente ispirata, ma è un atto di fede, che intende annunciare il Vangelo. Di fronte al presepe fatto in chiesa, non basta dire: ” che bello! Che bravi! Che poesia!” E’ necessario porsi la domanda la domanda: che cosa annuncia? Colto nel suo messaggio, dovrei liberamente dire: “è vero … io credo”.
Ci siamo preparati al Natale meditando, durante l’Avvento, il libro dell’Apocalisse, come il vescovo Mario ci ha suggerito. L’Apocalisse è la grande profezia di speranza sulla nostra storia, perchè disegno di Dio, storia che è e che sarà il suo Regno. L’evangelista San Giovanni, che lo ha scritto, con il suo sguardo futuro, legge il presente e pone in questo presente un chiaro giudizio critico e una forte speranza. Cristo, nella sua prima venuta nella storia, come uomo, verità che celebriamo nel Natale, ha inteso essere il profeta del suo ritorno futuro, nella gloria, come Signore della storia. Lo ha fatto vivendo da uomo, figlio del Padre, in un tempo tragicamente precario, come racconta il Vangelo della sua nascita, ma seminando la speranza, che è attesa della verità necessaria ad ogni uomo: quella di essere tutti, nessuno escluso, veri figli dell’unico Padre che è nei cieli.
Siamo in un momento storico in cui è necessario “cambiare pelle” e non solo vestito, per celebrare questa festa da cristiani credenti. La situazione che si sta vivendo genera sofferenze, precarietà e paura per il futuro della nostra società. Si sta imponendo questa esperienza a molte persone. Ci riferiamo a quelle situazioni, ove le persone sono costrette a cambiare radicalmente progetti e modalità di vita, perchè sono in gioco: il pane, la casa, il lavoro, le fondamentali relazioni familiari, la libertà di pensiero e parola e per tanti anche la propria appartenenza ad un paese d’origine e ad una cultura. Una volta, chi cambiava la prospettiva di vita dichiarava: l’ho fatto per migliorare. Qualcuno più anziano commenta: si pretende troppo, si sono persi gli insegnamenti della tradizione sapiente e consolidata. Qualcuno più giovane dice: non c’è sicurezza e comunque sono sono saltate le ipocrisie rassicuranti e le convenzioni sociali fatte passare per convinzioni.
Si diffonde sempre di più il timore dell’altro e del diverso giudicati causa delle proprie difficoltà. E’ veramente tanta la gente che fatica, che vive la sensazione di dover costruire il proprio futuro sulla sabbia, per un’insicurezza socio-politica ed economica, per una solitudine sociale, per un interiore fragilità, per l’ingovernabile muoversi di masse umane, tormentate da miseria e prepotenza. Questi pensieri non sono una lettura pessimistica di questo momento sotorico, ma la rilevazione rispettosa di tanta sofferenza. San Paolo nella lettera ai Colossesi dice con grande chiarezza, senza giri di parole, che è “dura lotta” quella mossa dell’amore per la conversione dei cuori. E’ necessario che ciascuno (io e non l’altro) prenda seriamente posto vicino a chi ha bisogno e faccia posto a chi ha bisogno. Nella storia le stagioni difficili ci sono e la tentazione, quando si può, è di rifugiarsi in situazioni più tranquille, di fuggire dalla propria realtà. E’ invece doveroso stare vicino a qualcuno che sta “cambiano pelle”. Non ci sono alternative se vogliamo continuare a guardarci allo specchio con un minimo di dignità. Natale è la festa di Dio che ha “cambiato pelle”, ha preso la nostra per esserci vicino e seminare speranza di un futuro diverso.
Un’altra riflessione che riteniamo importante per motivare il presepio di quest’anno. La nostra parrocchia è collocata in un quartiere ove vivono tanti stranieri, arrivati in questi anni da paesi diversi. Le nostre scuole sono frequentate in gran parte da figli di stranieri. Sta realizzandosi una convivenza tra italiani e non italiani, perchè il bisogno di casa, del lavoro, dello studio pone di fatto gli uni vicino agli altri. Vi è una seria e urgente preoccupazione, quella di educare ad una maturazione del problema, ad una responsabile capacità diu scegliere di vivere questo come un’occasione di incontro tra persone diverse per provenienza e cultura, ma uguali nei diritti e nei doveri.
Per coloro che frequentano la nostra chiesa con fede, per pregare, vorremmo che il nostro presepio, inspirato al Vangelo, sia un interrogativo, un impegno e un motivo di speranza serena di fronte a quanto sta avvenendo.
Categoria: Mons. Carlo Galli, Parrocchia